Abbiamo già affrontato, in un altro articolo, la definizione di dolore e le sue diverse classificazioni. Ribadiamo che il dolore è un’esperienza individuale, multifattoriale, influenzata, tra l’altro, da aspetti culturali, da precedenti esperienze di dolore, convinzioni, umore e capacità di farvi fronte (strategie di coping) . Il dolore può essere un indicatore di danno tessutale, come nel caso di un dolore acuto post-traumatico, ma può anche essere un vissuto in assenza di una causa identificabile.
Così come per il dolore cronico, anche per il dolore acuto, il grado di disabilità può variare in relazione all’esperienza del dolore; allo stesso modo vi è una variazione individuale in risposta ai più comuni metodi per alleviarlo. Alcuni rispondono molto rapidamente a certe strategie terapeutiche, altri più lentamente o affatto. La definizione della IASP sottolinea che il dolore non è un fenomeno osservabile o misurabile, ma piuttosto un’esperienza soggettiva che ha una relazione molto variabile con il danno tissutale. Cosa vuol dire questo? Che non sempre esiste una diretta relazione tra quantità di danno e dolore percepito, a danno minore o maggiore non sempre corrisponde dolore minore o maggiore.
l compito di ricercatori e clinici è identificare tutti i fattori che potrebbero contribuire all’esperienza del dolore dell’individuo. Questi potrebbero includere fattori somatici (fisici) e psicologici, nonché fattori contestuali, come considerazioni situazionali e culturali. Espressioni del dolore, che possono includere espressioni facciali, postura del corpo , linguaggio, vocalizzazioni e comportamenti di evitamento rappresentano in parte la complessità dell’esperienza psicologica.
Ma veniamo ora alle più comuni strategie di gestione di un dolore acuto post-traumatico. Essendo in tal caso una condizione alla cui base risiede un danno biologico, la sua iniziale gestione si basa su interventi mirati a risolvere l’alterazione biologica. Le più comuni strategie di intervento comprendono:
- Moderati e mirati approcci farmacologici
- Strategie non farmacologiche come:
a) Terapia manuale osteopatica;
b) Terapie strumentali fisioterapiche;
c) Esercizio terapeutico specifico;
4) Crioterapia
- Educazione al paziente:
a) Istruzioni riguardo al carico e al movimento. Non è, infatti, sempre detto che sia necessario l’assoluto riposo.
b) Uso di strategie cognitive per fronteggiare in maniera attiva la situazione per evitare l’instaurarsi di fenomeni come la catastrofizzazione e la paura del movimento, dato che potrebbero addirittura ritardare il recupero.
Ma perchè è importante gestire bene la fase acuta? Perchè evidenze sempre più recenti ci dicono che una sua mal adattiva gestione esita, inevitabilmente, verso una forma di dolore cronico e persistente di davvero complessa risoluzione. La componente non farmacologica come la terapia manuale, l’esercizio terapeutico specifico e alcuni tipi di terapia fisica, rappresenta uno strumento che dovrebbe sempre affiancare l’eventuale sostegno farmacologico perché, in realtà, sono questi interventi a garantire un recupero del tessuto danneggiato più prossimo alla sua fisiologia. Osservo, molto spesso, nella pratica clinica, come molte persone trascurino dolori alle fase iniziali pensando “passerà” oppure facendo uso, di propria iniziativa, dei più comuni anti-infiammatori. Queste strategie purtroppo, nel lungo periodo, si rivelano essere fallimentari, esitando nella maggior parte dei casi verso forme di dolore cronico. Il fatto che un dolore passi con un anti-infiammatorio, non significa necessariamente che il tessuto sia guarito nella maniera ottimale, motivo per cui, dopo qualche mese, con ottime probabilità quel dolore si ripresenta magari con intensità anche maggiore. Ne è un esempio molto tipico il dolore alla spalla. Fisiologicamente ogni danno regredisce spontaneamente, ma è molto importante che la guarigione spontanea dei tessuti avvenga quanto più in modo adattivo possibile, senza cioè l’instaurarsi di fenomeni fisiopatologici. Per questo motivo, quindi, in caso di dolore non esitare a contattare sin dalle prime fasi il tuo medico e il tuo fisioterapista/osteopata per farti indicare il miglior percorso terapeutico, sia farmacologico che non farmacologico.
Si tratta chiaramente di indicazioni generiche dato che ogni dolore acuto muscolo-scheletrico ha una sua specifica gestione soprattutto dal punto di vista non farmacologico. Pertanto, se vuoi, puoi contattarmi per espormi la tua personale situazione e valuteremo insieme il miglior percorso terapeutico.